Non so se è vero oppure no, ma anche io e Lei possiamo essere arrabbiati. Mi piace pensare che se vivessimo nella stessa casa, avremmo sbattuto le porte andando in due stanze diverse. Diciamo, io sarei finito in bagno e Lei in camera da letto. Poi il silenzio.
Eppure, avrei aperto la porta del bagno tanto da poter vedere quello che succedeva la fuori. Il nulla.
La curiosità e necessità di capire un po’ di più mi prudevano sulla spalla… non riuscivo a rimanere arrabbiato con Lei! Quindi, la scostai un altro po’ e i cardini iniziarono a intonare un duo di violini monotoni fino a che non mi fermai. Il silenzio per un attimo se ne era andato. Per capirci, i freni della sua bicicletta risultavano piacevoli, nonostante l’età di quella “Graziella” rosa.
La fuori, la battaglia si era conclusa. Guardai entrambi i lati del corridoio con la testa fuori, ma tutto si era come immobilizzato. Il piccolo tavolo traballante, poco distante, non osava più oscillare.
Quando Lei è arrabbiata la casa sembra schiacciarsi e spegnersi.
Piano piano, mi avvicinai alla porta della camera, stando attento a non farmi sentire, se non che nel momento in cui avanzavo con l’ultimo passo, la porta si aprì e Lei era lì davanti a me. Uno sguardo abbassato, due occhi stupendi che mi guardavano chiedendomi la pace e quel mezzo sorriso che mi faceva perdere la testa ogni volta.
“A volte mi manchi troppo anche se siamo sotto lo stesso tetto, lo sai?”
La abbracciai e all’orecchio le dissi:
“…le mie braccia saranno sempre la tua Svizzera, come durante la prima guerra mondiale”.
“Idiota”, disse Lei.
“Si, lo sono! Ma intanto questo idiota ti fa sorridere… anche quando, a volte, sono lontano da te…”
D.